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Pensare al femminile

Esiste una complementarietà tra universo maschile e femminile, che si traduce in codici linguistici, sociali, culturali e psicologici differenti ma necessariamente interagenti. L’aumento dei conflitti relazionali è tuttavia un segno evidente di una mancata conoscenza dell’unicità di ciascun codice e allo stesso tempo dell’importanza della loro reciproca connessione. Esiste una scarsa valorizzazione delle differenze dell’altro, anzi addirittura una tendenza all’eliminazione della differenza, che porta a misconoscere, nonostante l’accesso sempre più ampio alla conoscenza, l’essenza di chi siamo realmente (mistero che non può essere mai del tutto svelato), nascosta nei meandri più reconditi della psicologia umana. L’accesso alle profondità della psiche è garantito da una riscoperta del femminile (l’inconscio, le emozioni, l’intuito), riscoperta che però deve necessariamente passare dall’instaurare un dialogo fecondo con la sua controparte maschile (il conscio, la razionalità, il pensiero).

La dott.ssa Elina Valenti - psicologa e psicoterapeuta in formazione - guiderà i lettori di etnamarereporter.it alla scoperta del nostro vero Io, per renderci uomini e donne liberi e consapevoli.

La dott.ssa Elina Valenti – psicologa e psicoterapeuta in formazione – guiderà i lettori di etnamarereporter.it alla scoperta del loro vero Io, per renderli uomini e donne liberi e consapevoli. I lettori potranno leggere gli articoli della rubrica “Psiche & Benessere”  il secondo e il quarto sabato di ogni mese (foto di Fabio Privitera, fornita alla redazione dalla dott.ssa Valenti).

«Pur vedendo lo stesso mondo, noi lo vediamo con occhi diversi» (V. Woolf).

Unire la voce pensare alla voce femminile non è facile. Il pensare è più spesso associato al maschile: il pensiero è sessuato, perché descrive le cose solo da un punto di vista, assunto come unico.

Viviamo immersi in una cultura in cui tutto è declinato al maschile, dove l’altro sesso, la donna, risulta non essere, assente.
La storia non solo è narrata al maschile, ma tutti i suoi protagonisti sono uomini.
Le donne, che hanno influenzato la storia sono tante, ma non menzionate quanto gli uomini perchè soggiornano da sempre nella penombra di quel luogo che si trova “dietro” non davanti né accanto, bensì dietro l’uomo.

L. Irigarey, filosofa della differenza sessuale, sostiene che l’uomo ha descritto la donna come un non-lui: nella cultura patriarcale, quella in cui viviamo e che persiste da oltre duemila anni, la donna è assoggettata al potere dell’uomo, e a questa forma di dominio ella ha in qualche modo contribuito.

Se la civiltà è nata dall’uccisione della madre, se si fonda su un matricidio, così come molti miti racconterebbero, ristabilire l’ordine simbolico della madre è di sicuro vantaggioso per le donne che ancor oggi vivono in una posizione subalterna.

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Ma cosa significa ristabilire l’ordine simbolico della madre? Per Luisa Muraro, la Madre rappresenta la possibilità di imparare un linguaggio antico e primordiale, quello legato al corpo e alle emozioni: un linguaggio che si connota di vissuti e di esperienze affettive uniche, è lo spirito incarnato. Questo linguaggio è importante tanto quanto l’altro, quello del padre.

Non sto qui a elencare i motivi che hanno determinato lo strapotere dell’Uno (quello paterno) a discapito dell’Altro (quello materno), perché sono tanti e si perdono nella notte dei tempi.
Mi preme invece sottolineare la complementarietà dei due sistemi linguistici, simbolici, psicologici.
Quello paterno introduce la legge, l’ordine, la razionalità.

Il Padre promuove l’adattamento alle regole sociali che impongono un allontanamento dalla relazione materna, di tipo simbiotico-fusionale, per aprirsi al terzo, all’alterità ed individuarsi, cioè diventare ciò che si è (Jung).
La Madre insegna a districarsi nel mondo affettivo, dei corpi e delle relazioni, ci parla di legami, connessioni, e soprattutto di amore.
Certo, può trasformarsi in relazione avviluppante e castrante, come le cosiddette madri-piovra tipiche del Mediterraneo dimostrano, specie se il femminile materno non è ben individuato, come è probabile che sia, viste le condizioni storiche e sociali.
Ma il linguaggio materno viene prima di quello paterno, e non possiamo dimenticarcene solo per questo.
Nelle loro differenze, i due linguaggi dimostrano la loro straordinaria unicità.

Per quanta importanza si è data e si continua a dare al pensiero logico-razionale, plurispecialistico, calcolante, rigido e separatorio, tipicamente maschile, non bisogna dimenticarsi delle radici dalle quali proveniamo e di chi siamo.
Ognuno deve saper riconoscere che la potenzialità dell’astrazione metafisica ha il suo radicamento nel corpo della madre, che è l’origine di tutte le cose; culla della coscienza che se non viene adeguatamente indagata ed elaborata rimarrà terra oscura e ignota.
La relazione con il materno, con l’utero dal quale nasciamo, che accoglie la vita e genera anche la morte, che contiene in sé il mistero della creazione è fondante e fondamentale ogni atto psichico superiore.

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F. Fornari parla di codice materno e codice paterno: entrambi si comportano come una coppia feconda solo se il conflitto emergente fra i due non distrugge né l’uno né l’altro, se imparano a conoscersi e a dialogare.
Il dialogo è possibile oggi ma soprattutto necessario. La riscoperta del femminile, associato alla capacità di sentire, di ascolto e di sintonizzazione emotiva è per molti versi imprescindibile affinchè questo dialogo possa concretizzarsi, sia per la donna che per l’uomo, in quanto apre a quella modalità del “prendersi cura di”, a quella presenza accogliente, morbida e fertilizzante che solo il femminile può dare.

L’unione di mente (maschile) ed emozione (femminile) caratterizza un pensare autentico, sia di uomini sia di donne, poiché, come Jung osserva, il fondamento della nostra personalità è l’affettività, non esisterebbe pensiero che non si fondi su questa.
Bion parla di contenitore/contenuto per descrivere la relazione madre/bambino che forma ed informa la struttura pensante di quest’ultimo, a partire da quegli elementi beta, che saranno trasformati in elementi alfa, grazie alla funzione di reverie della madre.
È la Madre che permette l’instaurarsi del pensiero. Lo stretto collegamento femminile/pensiero sembra esistere fin dai primordi della vita psichica ed è molto più forte di quanto noi in realtà sappiamo.
È allora fondamentale riconoscerlo e prenderne coscienza.

Per approfondire queste tematiche e iniziare  così un dialogo tra elementi femminili ed elementi maschili della psiche, occorre scrivere alla dott.ssa Eliva Valenti all’indirizzo email: evalenti.etnamarereporter@gmail.com

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