“MA di cosa stiamo parlando?” recensione dell’opera letteraria di Salvo Cavallaro
Cinque vicende da leggere tutto d’un fiato. Sembrano scene di un film realizzato a spezzoni. Si tratta dell’opera dell’avv. Salvo Cavallaro (2012 edizioni Carthago) “Ma di cosa stiamo ancora parlando?” , un titolo che la dice lunga sulla risposta ad un quesito che punta a non prendersi sul serio. Perché l’autore, con raffinato humour, ne cela significativi risvolti.
I chiamati in causa sono i personaggi: Nico, Mike, Marvin, Ettore e Ivano, i quali si raccontano ognuno con le proprie vicende, rivelando in tal modo la capacità dell’autore nell’assumere molteplici maschere. Attraverso di esse si espongono le svariate personalità che rispecchiano le differenti psicologie delle figure ideate dal Cavallaro.
Accostandosi al meticoloso studio di varie sfaccettature caratteriali, riesce inoltre ad entrare nella complessa psiche dell’universo femminile. Seppur usando una chiave comica, il contenuto risulta essere ricco di spunti che mettono a nudo condizioni di sfida e di riscatto.
Lo stile del Cavallaro è fresco e moderno, con un taglio di “nuova generazione”, frutto di una prosa che si presenta come realistica finestra nel mondo attuale, aperta – anche intima – sicuramente ricca di personali esperienze e permeata di assoluta libertà.
In “Ma di cosa stiamo ancora parlando?”, la prima vicenda dell’opera, Nico, il protagonista, è “l’eroe” che l’autore ci dona, come “i nostri giovani protagonisti”, un po’ anonimi ma che per questo stimolano il lettore all’uso dell’immaginazione per meglio riuscire a calarsi dentro la vicenda.
Un boato. La porta trema, il letto pure. Il nostro eroe continua a sognare il mare che si infrange contro la scogliera. Pag. 25 Eccolo il coinvolgente racconto di chi di una narrazione non ne fa un bene proprio ma cerca di coinvolgere gli altri, gli spettatori. L’autore si scorpora dal suo racconto per osservare chi lo segue:
I nostri giovani protagonisti si ritrovano in piazza all’ora prefissata. Il lettore mi scuserà se ancora non ha ben chiaro né, tanto meno, la natura dei loro rapporti. Pag. 27
La prosa – l’autore non me ne voglia – è “positivamente nevrotica”, quasi per assecondarlo nel voler comunicare – come in un vortice di emozioni e sensazioni – tutto e subito, in modo immediato. Lo scrittore, inoltre, mostra possedere una sua originalità di stile: arresta la trama, si svincola dalla sua narrazione, dialoga con chi lo segue “il lettore mi scuserà…” per poi riprendere la sua vicenda.
Attraverso la vicenda di Nico e dei suoi amici è possibile riappropriarsi di quei sinceri sentimenti di amicizia e di amore che ci tenevano legati tra i banchi di scuola; è possibile rammentare e, perché no, riassaporare i momenti di genuinità…
In “Occhi negli occhi” l’autore “da vita” ad un personaggio che parla in prima persona. E’ una sfida ad una società “perbenista”, che, sicuramente, fa fatica a comprendere un elegante discorso rivoluzionario di idee non conservatrici, perché pronta a giudicare. Eppure le pagine si rivelano essere vergate di profondi sentimenti. Poiché l’affresco è quello di un amore che desidera essere libero dalle convenzioni , per rendere invece manifesto il racconto di un animo che narra del proprio amore, svelandosi senza alcun pudore, né schemi, ma con il coraggio di chi vuol lottare per il proprio credo.
In “A proposito di Marvin” emerge la mentalità geniale dell’autore, tipica dei cultori capaci di osservare al di là del mondo circostante e di ammirare la bellezza delle diversità umane. In questa vicenda, vi è una narrazione “dentro la narrazione” che concerne il sogno surreale che si abbraccia con la realtà descritta.
Infine, non si può fare a meno di rivedersi ciascuno di noi nelle esperienze riportate dal personaggio principe de “Il sogno di Ivano”, simpatica lettura che sposa la comicità del gioco sogno-realtà con ossessione-esorcismo dalle paure.
Maria Cristina Torrisi