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Catania: “Bologna Violenta” in concerto

Il 21 gennaio a Catania, si sono esibiti i “Bologna Violenta”: una rumorosa sera al Teatro Coppola [Recensione]

È il 21 gennaio, sono le 9 di sera ed è sabato, al Teatro Coppola di Catania suoneranno a breve i Bologna violenta, alias il trevigiano Nicola Manzan alla chitarra (ultra distorta), e il fermano Alessando Vagnoni alla batteria.

Quattro album all’attivo con questo moniker per il solo Manzan, che si dedicava anche all’elettronica, più uno fresco di stampa, Discordia, che vede per l’appunto l’ingresso in organico di Vagnoni.

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Il progetto, perlomeno nei live, si è così, di fatto, trasformato in un vero e proprio duo “spacca tutto”, sul modello dei giapponesi Ruins e degli americani Lightning bolt. Insomma rock duro, durissimo, a scanso di equivoci.

Nel frattempo, la famosa “breve” attesa prima dell’esibizione si dilata, in perfetto Catania style (sarà l’influenza spagnola) e si faranno le dieci prima che la sala sia adeguatamente piena per la scorpacciata di decibel; dopo questa attesa , finalmente si parte, e alle coordinate sonore precedentemente citate (peraltro molto soggettive) si aggiungono Mr bungle e Melt banana, sfumature diverse di un medesimo (controllato) caos: esplosioni noise; accelerazioni grind (il batterista è un portento, un metronomo umano), ininterrotte e abrasive, salvo poi subire brusche frenate che danno spazio a campionamenti sonori di vario genere, dall’entrata di orchestrazioni di tipo classico alle musichette nazional popolari (ma chissà di quale popolo, di quale nazione?). Si riparte ancora, chitarra satura come un drone e batteria (fintamente) impazzita.

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Rispetto agli album precedenti che, in alcuni casi, come Uno Bianca, potevano benissimo essere considerati dei concept alla The Wall dei Pink Floyd (esempio sbagliatissimo ma ci siamo capiti); stasera, quello che regna è l’hic et nunc, l’urlo primordiale che ferisce e implode ,raccoglie i cocci e ricomincia, il mito di Sisifo, se parlassimo di filosofia, ma è “solo” rock’n roll, e che ne sa il rock di anima?

40/50 minuti così, tronitruanti. Dietro il palco viene mandato un indigesto e ininterrotto blob d’immagini random: treni che esplodono, funzioni religiose, dibattiti televisivi, per uno straniamento definitivo.

Il pubblico chiede il bis, e tra il serio e il faceto la band “se la tira un poco”(non si sa se per imposizioni dall’alto o per indole); alla fine lo concedono, dura poco, fine.

Tirando le somme si è trattato di un pugno nello stomaco, breve , salutare, sconnesso,che a me è piaciuto; facilissimo, quindi, che molti invece lo odieranno per gli stessi motivi.

Poco male, al Teatro Coppola vige da sempre la regola della sottoscrizione volontaria, e quindi si paga quanto si pensa di potere/dovere pagare; metodo infallibile questo per conoscere nuove realtà senza spendere una fortuna. Non è neanche mezzanotte e con alcuni amici ci spostiamo verso il proseguo della notte catanese, a riposar le orecchie, a fumare una sigaretta in silenzio.

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