Recuperati i manoscritti di Giovanni Verga, sottratti negli anni Trenta con l’inganno
A Roma e Pavia, i carabinieri del Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale, nel corso di una operazione coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pm Laura Condemi, hanno recuperato trentasei manoscritti – oltre a centinaia di lettere autografe, bozze, disegni e appunti – di Giovanni Verga che, negli anni Trenta, erano stati sottratti alla famiglia dello scrittore da uno studioso di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, che si era sempre rifiutato di restituirli.
In ottant’anni era vanificato ogni tentativo dei Verga di rientrarne in possesso; inutili si erano rivelate persino le tante interrogazioni parlamentari riguardo all’espropriazione di materiale di altissimo valore per il patrimonio culturale, e la sentenza del 1975 del Tribunale di Catania che riconosceva il possesso legale dei manoscritti, sia di quelli notificati che di quelli sottratti di cui si sconosceva l’esatta entità, dello scrittore ai discendenti.
Nel 1978 la Regione Sicilia acquistò da Pietro Verga tutti i documenti persino quelli di cui il discendente non era ancora entrato in possesso, pagando una somma di 89 milioni di lire e ricevendo in cambio solo una parte dei beni.
Da allora, il Comune di Catania e gli eredi di Verga hanno combattutto per ottenere la restituzione del materiale da parte della figlia dello studioso messinese, ormai deceduto, che li aveva sottratti con l’inganno.
Fin quando, la Sovrintendenza ai Beni Librai della Regione Lombardia ha scoperto che la donna riluttante alla restituzione metteva in vendita all’asta il materiale verghiano, facendo scattare subito l’indagine e la denuncia.
A.P., la donna di 76 anni, è adesso accusata di ricettazione e appropriazione indebita; nella sua casa i carabinieri hanno trovato anche beni archeologici provenienti da scavi clandestini.
I manoscritti in cattivo stato di conservazione, stimati 4 milioni di euro e messi sotto sequestro penale dai carabinieri, sono stati temporaneamente trasferiti al Centro di ricerca del Fondo Manoscritti dell’Università di Pavia, e ci auguriamo tornino presto a casa: a Catania.
Guglielmo Paradiso