A tutela della Dignità del Lavoratore – Articolo di Filippo Minicapilli
La situazione di incertezza, di instabilità nel mondo del lavoro, le condizioni di precarietà, la mancanza di tutele sul piano giuridico, economico, della salute, della sicurezza, la mancanza stessa del lavoro che oramai si registra in vaste aeree del nostro pianeta, pongono un imperativo categorico stringente , non più rinviabile: tutelare il lavoratore indipendentemente dal luogo dove egli esercita la propria attività produttiva, dal periodo storico, dalle forme di governo, dalle ideologie.
Non è pensabile che in molti paesi le condizioni di vita e di sussistenza siano al di sotto della soglia del rispetto minimo dovuto all’uomo in quanto tale. Non è tollerabile assistere allo sfruttamento selvaggio, immorale, in molti aspetti peggiore delle forme classiche di schiavitù di lavoratori sia adulti sia,cosa ancora più grave, ragazzi. E’ scandaloso registrare che multinazionali di “prestigio”, avvalendosi dell’istituto della delocalizzazione, continuino a speculare e a trarre notevoli profitti per via delle miserabili paghe offerte ai lavoratori di regioni dove per forza di cose ci si deve accontentare pena, altrimenti, la fame più nera!
A ciò si accompagna il dilagante processo di impoverimento delle regioni cosiddette industrializzate per la crescente disoccupazione, per una politica dissennata del lavoro, per i regimi fiscali punitivi delle iniziative imprenditoriali, per una limitata e obsoleta visione degli stessi sindacati, per una politica monetaria che non incoraggia e non favorisce una seria progettualità di investimenti e , conseguenzialmente, dell’occupazione, venendosi a creare in tal modo un circolo vizioso che, col passare del tempo, alimenta l’aggravarsi delle condizioni del mondo del lavoro.
L’emblematico caso di Iqbal Masih, il ragazzo coraggioso massacrato perché ostile allo sfruttamento dei minori, deve far da monito alla Comunità Internazionale affinchè si intraprendano le misure idonee ad eliminare tutte le forme di schiavitù e di asservimento dell’uomo. Il lavoro deve costituire un mezzo di libertà dell’uomo non di assoggettamento a interessi estranei al lavoratore. Non è solo questione di retribuzione, il fenomeno riguarda anche le condizioni ambientali, il luogo di lavoro, le tutele giuridico-sindacali, il tempo libero quale diritto, le garanzie per il benessere psicofisico e mentale del singolo. Bisogna garantire, altresì, forme di vita altamente dignitose al lavoratore e alla sua famiglia, attraverso una politica idonea dei tempi di lavoro, dei servizi a supporto, del sostegno sociale, della fruizione di spazi culturali, cui ogni cittadino ha diritto. Solo cosi si può provare a migliorare il contesto sociale nel senso lato del termine. Solo così si potrà eliminare la discriminazione territoriale del lavoratore che, perdurando nel tempo, provocherebbe di certo terremoti incontrollabili.
Ecco la proposta. Costruire la Carta Internazionale dei Diritti del Lavoratore.
Carta cui ciascun Paese dovrà riconoscersi e alla quale ogni singolo soggetto, sia privato sia pubblico, dovrà attenersi, pena la nullità d’ogni contratto, d’ogni impegno commerciale, d’ogni rapporto diplomatico.
Non è necessario esportare la democrazia con le armi. Servono patti condivisibili per la loro incontestabile universalità!
Filippo Minacapilli