Il buio dentro la mente
I fatti di cronaca ci portano dentro a un fenomeno difficile da leggere, da interpretare, da gestire.
L’infanticidio dilagante, ripetuto, ossessivo che discende da varie situazioni di disagio psichico. Si sopprime il figlio per depressione, lo si elimina per vendetta, per dispetto. Lo si toglie di mezzo per colpire l’altro o l’altra, compagno o compagna che vuole separarsi, si sopprime una vita generata per amore e con amore per esercitare il potere di vita o di morte verso chi dovrebbe, invece, essere protetto, curato, “liberato”.
Assistiamo impotenti a tale tragedia non più rara, non più sporadica ma sempre più in crescendo.
Ad un ritmo che segue in parallelo quello dell’isolamento in cui trovasi immerso l’uomo contemporaneo. Si vive come isole, l’una separata dall’altra, come atomi “impazziti” che mal sopportano l’altro, specie quando questi è portatore di un bisogno, di una sofferenza. Guardiamo il vicino, il parente, l’amico e non li vediamo. Non cogliamo i segni del loro malessere, non perché non ne siamo capaci, solo perché non abbiamo tempo da dedicare loro, non li osserviamo, sottovalutiamo il loro dolore, non li ascoltiamo. Per poi esprimere stupore di fronte all’atto estremo!
E’ tempo di riflettere, di trovare la chiave per decifrare l’assenza del sorriso, il silenzio prolungato, la tendenza a isolarsi, i segni dell’ansia, l’umore altalenante. E’ tempo di rivedere i principi fondanti dei modelli educativi. Il figlio non è, non dev’essere, l’oggetto d’amore. Non è il “mio” il “nostro” il “tuo”. Egli è soggetto connotato da dignità assoluta. Lo si ama per renderlo libero, autonomo. Non è la nostra appendice che eliminiamo quando, sprofondati nello stato di crisi, reputiamo di fare il suo bene stappandolo via da questo mondo . Un bambino non è il giocattolo che rompiamo per fare dispetto, per toglierlo all’altro, per privare l’altro di un oggetto prezioso!
Sono gli atteggiamenti mentali a guidare le nostre azioni anche e soprattutto nei momenti più difficili.
Ed è su questi che bisogna porre l’attenzione come psicologi, pedagogisti, sociologi, psichiatri, cultori delle scienze umane. Non è facile, forse impossibile, indagare la mente, specialmente quando questa è connotata da situazioni patologiche gravi. Non si riescono a governare i meccanismi interiori, le dinamiche complesse. E’ buio!
Occorre un’azione corale di igiene sociale, culturale, economica. Un programma di interventi socio-sanitari, oltre che pedagogici e di politica per la famiglia per potere porre le basi di una vera prevenzione del disagio della persona. Altrimenti tragedie simili si dispiegheranno in puntate senza fine.
Filippo Minacapilli