L’isola che non c’è “più”
Radici lontane ma care alla mia memoria, parlano di un’isola che non c’è più, quell’isola che profumava intensamente di zagare e vigneti, di terra e di autenticità; ricordo, come se fosse oggi, quegli splendidi giardini di limoni che circondavano il nido d’amore dei miei nonni, i quali, al sorgere del sole, punzecchiavano il mio letto, nella vana speranza di sollevarmi dal dolce torpore in cui ero sprofondato; volevano solo invitarmi al rituale tribale della “ciurma” di contadini, trasognati e scolpiti da rughe profonde che mai si sarebbero azzardati di scalfire e ritoccare. Una realtà, quella, che rimarrà indelebile nei miei pensieri fin quando l’ultimo alito di respiro mi accompagnerà.
Ma, abbandonando l’aspetto romantico e focalizzando, invece, l’obiettivo economico, non posso non desumere che quella realtà contadina, apparentemente semplice e poetica, pulsava, invece, come un cuore in piena attività, offrendo risorse e sussistenza all’intera comunità locale. Un’economia, quella degli anni sessanta, fondata sulla produzione, lavorazione e commercializzazione dei prodotti della nostra terra: limoni, vino, patate e quant’altro sfornava la ricca natura, non ancora deturpata, di quel periodo storico. Era uno spettacolo recarsi al “Porto di Riposto”; un fiorente viavai di navi estere caricava senza soluzione di continuità il nostro vino locale (“nerello mascalese”), i profumatissimi agrumi e le nostre “fierissime patate novelle” che, con tanto amore, i miei succitati nonni avevano contribuito a produrre ed esportare; per non dire degli innumerevoli magazzini di lavorazione degli stessi prodotti che pullulavano sul territorio, dove una consistente forza lavoro era intenta a soddisfare le inarrestabili commesse che pervenivano dall’estero. Un’economia “primaria” ma redditizia, era quella che appare oggi agli occhi di esperti osservatori, un’economia basata sullo sfruttamento delle risorse locali, che consentiva di garantire un reddito sufficiente non solo per la sussistenza ma anche per investimenti di medio e lungo termine; un’economia alla quale dovremo guardare con attenzione, nella speranza di poter ricreare le basi per una sua rinascita.
Nando Torrisi