La difficoltà dell’apprendimento nei soggetti svantaggiati
Da una ricerca della University Booth School of Business di Chicago è venuto fuori il seguente dato “Quanto sia difficile per chi vive in condizione di povertà mettere in atto comportamenti che gli permettano di cambiare la propria situazione economica”
<em>Se mettiamo tra parentesi la parola economica, l’assunto è noto da tempo, viene esperito giorno dopo giorno nei più diversi ambiti socio-culturali, economici, lavorativi. In particolare tale situazione di povertà di prospettive migliorative si registra in maniera prepotente nelle aule scolastiche.
Il ragazzo che presenti difficoltà di apprendimento, che palesi una povertà linguistica, culturale, dovute all’appartenenza ad ambienti modesti, privi di adeguati strumenti e di stimolazioni culturali o a limiti dello stesso soggetto derivanti dai suoi tratti personali,
dalla bassa stima di se, da demotivazione, dal rifiuto della scuola vista come ambiente di solo obblighi e non di gratificante espressione di se stesso, a varie altre concause, trova oltremodo difficile immaginare di poter cambiare la propria situazione in meglio, di
ipotizzare un futuro lavorativo di prestigio, una dimensione sociale elevata, un vissuto ricco di esperienze, di apertura al nuovo. Quasi sempre ragazzi simili vivono il presente immediato senza progetti a lungo termine, si prodigano a superare il problema contingente
senza coglierne la valenza formativa orientata al futuro, non mettono nel proprio curriculum elementi proiettati al dopo. “Consumano” qui ed ora, risolvono l’immediato.
L’apprendimento è capacità di cambiamento, è guardare al futuro, è far tesoro di competenze spendibili fuori dalla scuola, è desiderio di migliorare se stesso e l’ambiente in cui si vive, è andare oltre, è “viaggio” mentale, è disponibilità a cercare, a conoscere.
La Scuola deve potersi interrogare sul proprio ruolo e sulla propria funzione per adattarsi alle esigenze dei singoli e in special modo dei ragazzi meno fortunati. Per offrire loro metodi innovativi, attraverso la dovuta attenzione, tra docente-alunno gratificante e promozionale”, attraverso un sistema di valutazione che prescinda da meri elementi aritmetici quantitativi, forte di una filosofia pedagogica che sappia mettere al centro dell’azione d’ insegnamento-apprendimento: l’individuo-scolaro-studente in funzione della sua autenticità come discente prima, come uomo nel contesto sociale e economico-culturale dopo.
Se ciò non viene applicato avremo una società impoverita, mero contenitore di soggetti dagli orizzonti troppo ravvicinati e limitati piuttosto che una società che sappia affrontare le sfide dell’evoluzione tecnologica, e non solo questa, grazie a soggetti che avranno piena consapevlezza della propria cittadinanaza, capaci di riconoscersi quali autentici fabbricatori di progresso.
Filippo Minacapilli